Come già accade da tempo in altri Paesi europei, anche gli Italiani sono diventati un popolo di “urban farmers”. Secondo l' ultima indagine Coldiretti e Censis, infatti, un esercito di oltre 20 milioni di persone zappettano la terra, tra le quali una percentuale sempre più consistente di giovani, cimentandosi nella coltivazione di Orti, giardini e terrazzi, pur se completamente a digiuno delle tecniche di coltura. Il fenomeno è in costante crescita anche nelle grandi città, ove gruppi di abitanti di quartiere, aspiranti zappatori, si costituiscono in Associazione ed ottengono dal Comune appezzamenti di terreno incolto da destinare a fini agricoli.
A Roma attualmente vi sono circa 70 Orti condivisi, disseminati ovunque e di varia grandezza; tra questi l’esperienza più grande è quella degli Orti Urbani delle Tre Fontane, nel quartiere EUR Tintoretto, un’area verde di 23.000 mq. che accoglie oltre 100 orti destinati all’attività agricola per l’autoproduzione, oltre ad alcuni spazi per attività comuni conviviali e ludiche, un orto didattico a disposizione delle scuole, e alveari per le api; altre iniziative sono allo studio.
Oasi per un lungo periodo abbandonata a se stessa, un tempo appartenente all’antica Tenuta dei Frati Trappisti, dal 2013 ha ritrovato la vocazione agricola di campagna romana, grazie all’intervento volontario dei cittadini, che hanno bonificato la zona prima usata come discarica, impedendone anche la cementificazione selvaggia.
Ma il motore delle Tre Fontane, rinomato esempio a forte inclinazione sociale, non è soltanto la voglia di coltivare e produrre ortaggi genuini. Difatti, mentre si rovesciano le zolle, si trovano risposte a bisogni di molteplice natura. Alla finalità di autoproduzione di ortaggi, frutta e piante officinali, si affiancano la voglia di riscoprire il contatto con la natura, il desiderio di scaricare lo stress della vita quotidiana e l’esigenza di fare comunità solidale.
Ed in questi spazi pubblici vivibili open air, ad accesso libero, ogni generazione, dal bambino al pensionato di ogni estrazione sociale, trova un proprio ruolo, in armoniosa integrazione, e collabora alla vita della comunità secondo le proprie competenze.
Gli Orti, quindi, diventano luogo di aggregazione e lo spunto per fare altro: una moderna agorà, in cui creare comunità e tessere relazioni, socializzare, organizzare attività ricreative come feste, cerimonie e celebrazioni (particolarmente sentita è quella in “onore” del grano), workshop su tematiche naturalistiche e di benessere, laboratori per bambini, percorsi di educazione ambientale per scuole elementari e medie, collaborazioni con cooperative sociali per il reintegro di soggetti svantaggiati (ex detenuti, malati psichici, ecc.), sperimentazioni con le Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre e di Psicologia Sociale dell’Università La Sapienza di Roma per gli aspetti delle relazioni e con la Facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia per il recupero di semi antichi.
Gli Orti urbani delle Tre Fontane, pertanto, stanno sperimentando un modello di aggregazione agricola urbana veramente originale, che viene preso ad esempio come “best practice” anche da altre realtà.
Contadini urbani fai da te, insomma, protagonisti della rivoluzione silenziosa della zappa, per ritornare allo stato primordiale di una vita più genuina e riannodare i fili tra passato e presente, perché il futuro, alla fine, è anche ritornare a ciò che siamo stati.
Dal dicembre 2015 ad oggi sto documentando fotograficamente la vita di questi Orti, che condivido nelle sue finalità, perché sono convinta che il futuro della nostra civiltà non possa prescindere dal recupero delle nostre radici, che affondano nella terra, nel rispetto dell’ambiente e in un’ottica di rete solidale.